Ambienti Confinati: cosa sono e quali le regole

«..può essere qualsiasi spazio chiuso in cui esiste un rischio di morte o di gravi lesioni da sostanze pericolose o di condizioni di pericolo (per esempio la carenza di ossigeno)».

La definizione di AMBIENTE CONFINATO è pressoché univoca in ambito internazionale e, in pratica, si riferisce a qualsiasi ambiente di lavoro che abbia UNA o PIU’ delle seguenti caratteristiche:

  • non sia stato progettato per svolgervi un’attività lavorativa ordinaria, ma tuttavia sia sufficientemente grande per consentire ad almeno una persona di entrarvi completamente e svolgervi una qualche attività;
  • sia caratterizzato da limitate aperture di accesso e/o da una ventilazione naturale favorevole;
  • possa verificarsi al suo interno,con una probabilità più elevata rispetto ad altri ambienti e  indipendentemente dalla attività che vi si andrà a svolgere, un evento accidentale importante, che possa portare ad un infortunio grave o mortale a causa della sua configurazione e/o della presenza di agenti chimici, fisici e biologici pericolosi caratteristici dell’ambiente stesso e/o correlati all’attività che vi si va a svolgere.Rischi diversi, causati da caduta dall’ alto, urti, contatti con parti taglienti, schiacciamenti, scivolamenti, seppellimenti, annegamenti, esposizione ad agenti biologici, contatti con tensione elettrica, intrappolamento, stati emotivi legati ad ambienti chiusi e stretti, etc.

Ma cerchiamo di condividere una definizione più operativa di spazio confinato, visto come uno spazio, in cui può svolgersi una attività di lavoro o di vita, in cui le caratteristiche di vivibilità sono fortemente influenzate dalle caratteristiche proprie del luogo stesso, e possono cambiare repentinamente.

Riteniamo utile una tale definizione poiché pone l’accento sulla “dinamicità” dello spazio confinato, sulla sua suscettibilità a modificarsi, spesso in modo repentino, e quindi introdurre il concetto che, in particolare per tali spazi, vanno valutate due tipologie di pericolo:

  • le condizioni di vivibilità precedenti all’ ingresso
  • le condizioni di vivibilità durante la permanenza

focalizzando l’attenzione sulle cause che possono modificare appunto tali condizioni. Ci sono innumerevoli esempi di spazi confinati, molti sono immediatamente percepibili come spazi confinati, soprattutto per le loro dimensioni anguste:

  • serbatoi, silos, autobotti
  • fosse bioiogiche, cunicoli fognari

Alcuni invece non danno l’immediata percezione di “spazio confinato“:

  • vasche a cielo aperto
  • la stiva di una nave
  • l’esterno di un serbatoio

Luoghi che in condizioni particolari (accumulo di gas pesanti sul fondo della vasca, sviluppo di sostanze tossiche durante la pulizia e asfissia da azoto uscente da un passo d’uomo), si sono trasformati in trappole mortali. Alcuni luoghi infine “possono diventare spazi confinati in cui si opera, durante la loro costruzione, fabbricazione o modifica successiva”.

Normativa di riferimento

Non è facile orientarsi nell’ attuale assetto normativo quando si parla di ambienti confinati. Infatti non esiste un’unica norma che elenchi quali siano i luoghi di lavoro confinati né che comprenda tutti gli obblighi di chi si trova ad operare in tali realtà. Piuttosto occorre fare una valutazione delle caratteristiche dell’ambiente, delle sue specifiche geometriche e di aereazione, dell’uso che ne viene fatto e di quelli fatti in precedenza, delle eventuali sostanze che contiene. In generale possiamo dire che le norme che regolamentano la materia appartengono a due tipologie diverse: Norme di legge (DPR 177 del 14/9/2011; D.Lgs 81/08, art. 66, art. 121 e All. IV, punto 3) e norme tecniche (standard di riferimento, linee guida e procedure).

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Prima di consentire l’accesso di lavoratori in un ambiente confinato “è necessario valutarne i rischi al fine di determinare le misure di prevenzione e protezione che garantiscano la salute e la sicurezza dei lavoratori”.

In linea generale la migliore misura di prevenzione è quella di cercare soluzioni alternative effettuando, se possibile, le operazioni di manutenzione, bonifica, ispezione, evitando l’ingresso dei lavoratori nell’ambiente confinato, anche con l’aiuto della tecnologia disponibile sul mercato. Ad esempio ricorrendo all’ ausilio di telecamere, attrezzature robotizzate, sostituzione del componente, ecc.

Qualora ciò non sia possibile è necessario acquisire tutte le informazioni occorrenti sulle caratteristiche dell’ambiente confinato (ad es. sostanze presenti, utilizzi precedenti, dimensioni e configurazione dei luoghi, collegamenti con altri spazi) e delle attività da effettuare tenendo presente che questi spazi possono essere opportunamente progettati o modificati. Poiché però può capitare che non ci siano alternative e che si debba comunque operare all’ interno di spazi confinati occorre ricordare che, poiché in tali contesti i rischi sono particolari, non tutte le imprese o lavoratori autonomi possono eseguirla, ma devono essere in possesso di particolari requisiti tali da risultare “qualificati. La qualificazione delle imprese è una previsione già inserita nell’art. 6 c. 8 lettera g) e nell’art. 27 del D. L.gs 81/08 (Testo Unico Sicurezza), attraverso l’emanazione di appositi Regolamenti. Lo scopo è quello di fare una selezione delle imprese più “virtuose” e pertanto in grado di operare non solo con competenza e professionalità ma soprattutto in sicurezza.

Infatti il D.P.R. 177/11, in vigore dal 23 Novembre 2011, “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati” da tutta una serie di indicazioni e parametri che le aziende e i lavoratori autonomi debbono possedere per poter operare in questo settore.

Quando si applica la norma?

Il Decreto si applica ogni qual volta ci si trova ad operare in ambienti “sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo”. Vale a dire in tutti quei casi (ad es. silos, cunicoli, pozzi, serbatoi, stive, tubazioni, cabine, pozzetti, cisterne, vasche, ecc.) che, per le caratteristiche sopra indicate, ricadono nella categoria di spazio confinato o sospetto di inquinamento.

Proprio perché non esiste un elenco esaustivo di cosa sia e cosa non sia ambiente confinato, anche perché può diventarlo nel corso delle lavorazioni, laddove tale situazione non è evidente, è importante che prima di svolgere il lavoro, venga effettuata una attenta valutazione dei rischi mirata a stabilire se siamo o meno in presenza di attività in ambiente confinato, basandosi su alcuni parametri quali l’analisi delle caratteristiche dei luoghi in cui viene svolta l’attività e dalle modalità di esecuzione.

Il permesso autorizzativo (PdA)

L’autorizzazione al lavoro (o permesso di lavoro – work permit in lingua inglese) è uno strumento volto ad assicurare che tutti gli elementi del sistema sicurezza siano stati messi in atto prima che ai lavoratori venga permesso di operare in un dato contesto ritenuto a maggior rischio per la salute e la sicurezza.

Nessuna norma di legge straniera o standard tecnico internazionale (applicabile a qualsiasi settore produttivo) riguardante le attività entro spazi confinati con presenza di pericoli caratteristici, ammette l’accesso a questo particolare luogo di lavoro senza il preventivo rilascio di un permesso di lavoro.

Gli elementi essenziali che devono essere riportati su un permesso di lavoro sono i seguenti:

  • il luogo (area, impianto, apparecchiatura, ecc.) ove deve essere effettuato l’intervento;
  • la natura del lavoro (a caldo o a freddo);
  • scopo del lavoro;
  • nominativo di chi autorizza il lavoro (con eventuali limiti di responsabilità), il nominativo della persona che ha la responsabilità della messa in atto delle misure preventive di sicurezza (ad esempio, drenaggio, flussaggio, degasaggio, inertizzazione, isolamento delle linee, controllo dell’atmosfera, piano di emergenza, ecc), il nominativo degli operatori autorizzati ad entrare, il nominativo dell’operatore in stand-by; l’identificazione delle parti interessate all’attività (committente, general contractor, appaltatore, ecc.);
  • la descrizione delle condizioni di lavoro e dei pericoli accertati o potenziali (presenza di gas infiammabili, polveri combustibili, intrappolamento, sottossigenazione, alta temperatura, ecc.);

A chi si applica la norma?

La norma si applica sia a chiunque si trovi ad operare in ambienti confinati o sospetti di inquinamento sia direttamente con proprio personale sia a chi esegue tali lavori in appalto (e relativi subappalti), compresi i lavoratori autonomi laddove possibile impiegarli.


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